Evandro Dos Reis è cantante, compositore, polistrumentista, produttore brasiliano. Un figlio del Northeasterners, cresce con le melodie preziose del chorinho, seresta e samba. Ha studiato canto e chitarra classica al “Conservatório Santa Cecília” San Paolo per poi proseguire gli studi nella stessa città presso l’Universidade Livre de Musica. A 21 si trasferisce a Roma dove inizia una carriera artistica internazionale con l’Orchestra di Piazza Vittorio con la quale ha registrato diversi album e si è esibito nei più grandi teatri nazionali e internazionali. Con la stessa Orchestra ha partecipato al film “Il Flauto Magico di Piazza Vittorio”, premiato nel 2020 con il prestigioso premio David di Donatello per la categoria “Miglior Musicista”. Nel 2004 ha partecipato al Live8 organizzato da Bob Geldof suonando con Jovanotti.

Ha fondato il VersaVice Records, con la quale ha iniziato dal 2019 la carriera di produttore discografico.

Ciao Evandro sono molto felice di averti ospite della mia rubrica. Siamo amici e colleghi da anni, e ho una grande stima di te come artista e persona. Vorrei iniziare questa intervista raccontando ai nostri lettori il contesto in cui sei nato e cresciuto.

Io sono nato e cresciuto in un contesto musicale. Mio nonno materno suonava la fisarmonica, mio zio le costruiva. Nella famiglia di mia madre erano 8 figli, di cui cinque donne che cantavano tutte da autodidatte, ma di grande bravura, eredi di una tradizione tramandata oralmente. Quindi sì, sono cresciuto in un contesto molto stimolante artisticamente, soprattutto quando ero piccolo, in una famiglia che stava tanto insieme anche grazie alla presenza di mia nonna. Insomma si suonava e si cantava fino a tarda notte.

Quando hai iniziato a studiare musica?

Ho iniziato a studiare la chitarra quando avevo 6 anni, con un maestro della chiesa del mio quartiere. Mi ricordo che sono andato in vacanza dalla mia madrina e il figlio suonava la chitarra: con grande facilità riuscì a imparare gli accordi di due canzoni e lui mi regalò il suo strumento. Da li ho iniziato un percorso di studio della chitarra classica in conservatorio e poi all’Università Livre de Musica di San Paolo.

Com’è stato il tuo percorso di studio?

Sono entrato in conservatorio che avevo 10 anni e credo di essere stato molto fortunato ad incontrare un maestro veramente intelligente che ha capito la mia direzione, che non era quello della musica classica ma quella del pop. In tutto il mio percorso di studi con lui non ha cercato di cambiare questa mia predilezione, ma mi ha aiutato a migliorarla insegnandomi la tecnica della chitarra per poi aiutarmi a creare e suonare la mia musica. Lui trascriveva il chorinho, un genere musicale che era molto più vicino a me, in una chiave classica. Cosi imparavo la tecnica della chitarra ma senza rinunciare a quello che erano i miei gusti musicali. È stato molto particolare il mio percorso in conservatorio perché nonostante ho fatto studi classici non ho suonato repertorio per chitarra classica. Imparavo la tecnica ma non il repertorio.

Hai parlato di Chorinho: ci parli un po’ di questa struttura portante della musica strumentale tradizionale brasiliana?

I chorinho nasce come musica classica suonata con tanto di spartiti, e veniva suonata nei ambienti dell’alta società brasiliana. Poi, se ascoltiamo bene, in questa forma musicale si riconosce il liscio e il valzer, ma nonostante questo in essa si nasconde anche molto pulsazione della samba, e quindi della tradizione più semplice e popolare. Quindi veniva suonata con gli spartiti negli ambienti dell’alta società, e con le percussioni nelle favelas. Finché all’inizio del 1900, musicisti come Pixinguinha, e tanti altri, sono riusciti a portare questa musica nelle rode di samba, ma con una tecnica improvvisativa. Da lì le due strade sono incontrate, e lo chorinho che viene proposto oggi è bassato su improvvisazioni, ballo, canto.

L’Orchestra di Piazza Vittorio!

Tanta roba in tutti i sensi (ride)!!

Nel settembre 2004 sono stato invitato a far parte della “scuderia” dell’Orchestra di Piazza Vittorio, in cui sono entrato in occasione delle registrazioni dell’album “Sona”, secondo album dell’orchestra. In questo album ho suonato il cavaquinho, la chitarra, e ho avuto l’onore di cantare “Vagabundo Soy”, una canzone che sarebbe diventata una “hit” nelle radio e negli spettacoli italiani. Sono stati anni di formazione e crescita incredibili. È un’orchestra fatta di fuori classe, e ho imparato tanto da ogni suo componente.

Con loro ho avuto la possibilità di conoscere il mondo intero esibendomi nei palcoscenici internazionali più importanti  come “Teatro de Erode Attico”, nell’Acropoli di Atene; il “Barbican Centre” di Londra; il “Teatro Bobigny” di Parigi; “Festa de la Mercè” e “el Grec”, a Barcellona; l ‘”Auditorium Parco della Musica” e il Colosseo “Via dei Fori Imperiali”, a Roma; l ‘”Egypthian Theatre”, a Hollywood; il “Teatro de Fourvière” al Festival “Le Nuits de Fourviére” di Lione; oltre al “Tribeca Film Festival” di New York; il “Theatre Elchalma” Tunisia e il “Grand National Theatre of Dakar” in Senegal.

La ricchezza dell’Orchestra di Piazza Vittorio consiste nella possibilità di conoscere e apprendere saggezze di culture lontane dalla propria.

Hai partecipato alla rivisitazione del Flauto magico di W. A. Mozart, con la quale l’Orchestra ha vinto il David di Donatello per la categoria “Miglior Musicista”. Sei stato protagonista della Carmen di G.Bizet nel ruolo di Don Josè, e poi sei stato Don Ottavio nel Don Giovanni sempre di Mozart. Com’è stato approcciarsi alla tradizione lirica?

Per quanto riguarda l’opera, devo dire che dal conservatorio sicuramente avevo ricordi di arie estrapolate quà e là. Ma alla fine ne sapevo veramente poco. Mi ricordo che il direttore artistico Mario Tronco ci ha aiutati a familiarizzare attraverso un approccio molto giocoso con le musiche di Mozart. È stato tutto molto naturale: noi andavamo a fare i concerti e durante i viaggi Mario ci faceva ascoltare le musiche del Flauto magico. È grazie a questo approccio di Mario che  ha fatto diventare il “mostro” più piccolo! Noi pensavamo a come adattare le musiche, le armonie, il ritmo. Ma, ovviamente, c’era il M° Leandro Piccioni che aveva già adattato la parte in modo tale che noi dovevamo solo “ingoiare”. Praticamente era già masticato(ride)!! Il M° Leandro Piccioni è unico, e ogni sua parola e osservazione per noi è legge!!

Un fatto curioso è stato quello accaduto alla prima del Flauto magico, a Reggio Emilia. Arriviamo, e il pianoforte era accordato a 4/42. Non ci era mai capitato. Quindi mi sono trovato in difficoltà! Lì è entrato in scena il grande Pino Pecorelli, che è un altro pilastro dell’Orchestra e mi ha spiegato come fare. Una lezione pazzesca su come essere sempre pronti ad affrontare gli imprevisti.

La Carmen è stata una crescita ulteriore perché è stata la prima volta che ho interpretato un personaggio sia dal punto di vista musicale e sia da quello teatrale. Ho imparato come muovermi sul palco e far arrivare al pubblico in sala  emozioni e azioni. Per questo ringrazio il coreografo Giorgio Rossi per il lavoro fatto insieme. Cosi come ringrazio il regista Andrea Renzi per il lavoro svolto insieme sul personaggio di Don Ottavio nel Don Giovanni. Ho fatto tesoro di tutti questi insegnamenti.

“Janelas”, cioè “finestre” è il nome del tuo disco. Perché?

Avevo dei pezzi ma non mi decidevo di registrare. Devo ringraziare l’amico Emanuele Bultrini, chitarrista dell’Orchestra di Piazza Vittorio, che mi ha spronato a farlo. “Janelas”, finestre, perché la mia musica è sempre partita dalla finestra della mia camera, per poi raggiungerne altre. La musica partiva dalla mia “Janela” per raggiungere la “finestra” di un amico batterista che lavorava sul pezzo. “Finestre” come apertura sul mondo degli altri, come possibilità, per me, di interagire con chi è disposto ad ascoltare la mia musica.

In questo disco, tra le tante cose, c’è anche la maturità di dire sono capace a fare un disco tutto mio. È necessario perseverare per concludere da solo un lavoro discografico. Confesso che spesso mi sono sentito anche inadeguato e poco convinto. Raggiungere questo traguardo a 40 anni è una cosa molto bella e importante, che crea le farfalline allo stomaco e mi emoziona come un bambino. Così come sono molto emozionato del fatto di aver intrapreso la carriera di produttore discografico, aprendo il mio studio VersaVice Records.

Se ti sei mai sentito “assonnato” artisticamente?

Si tante volte (ride). Vivo tanti periodi in cui non sento il bisogno di prendere lo strumento in mano, non sono mai stato uno che studia tecnica otto ore al giorno. Quindi sì, ci sono periodi che mi piace tantissimo fare musica e altri dove faccio altro. Ho periodi che mi piace essere produttore più che suonare. Nel 2018 ho iniziato a fare un corso di elettronica perché nella mia testa tutto quello che noi impariamo artisticamente, dobbiamo realizzarlo attraverso una giusta strumentazione. Cosi ho cominciato a costruire prototipi strumentali che mi possono essere utili Quindi assonnato da un lato, ma super produttivo da un altro.

Qual è il tuo messaggio per nostri lettori?

UFFFFF!!! È difficile perché ognuno di noi ha una storia e vive questo momento in modo diverso. Io non potendo uscire, ho cercato di lavorare a progetti futuri, aprire il mio studio, migliorare la mia musica. Quindi sfruttiamo questo periodo per prepararci e per migliorare. È importante. Periodi di grandi crisi sono anche pieni di grosse potenzialità creative. Quindi studia di più, canta di più, costruisci di più, leggi di più. Approfitta di questo tempo per non farlo diventare un tempo perduto.

Grazie di cuore di questa intervista bella e ispirante. In bocca al lupo per tutta la tua attività artistica!!1!