Ho studiato per poter sognare!

Salvatore Frega è un compositore arbëreshë nato a Cosenza nel 1989. Grazie all’intuizione dei suoi genitori, si avvicina al pianoforte alla tenera età di quattro anni, e cresce studiando e approfondendo sempre di più la musica. Si diploma in Pianoforte presso il Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza e prosegue nello stesso Conservatorio i studi di composizione. Sempre in composizione si diploma alla Scuola di Musica di Fiesole e consegue il Diploma di Alto perfezionamento nell’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma sotto la guida del M° Ivan Fedele. Nonostante la sua giovane età conta numerosi premi nazionali e internazionali e tante sono anche le esecuzioni delle sue musiche in Italia e all’estero.

Salvatore Frega è uno dei compositori più promettenti del panorama nazionale e internazionale!

Caro Salvatore grazie per aver accettato la nostra intervista! Vorrei iniziare dalle sue origini arbëreshë, quanto hanno influenzato il suo percorso di vita e quello professionale?

Io vengo da Firmo, paesino situato nel nord della Calabria. È stato uno dei paesi dove gli albanesi nel 1500, si sono rifugiati dopo l’attacco ottomano al patriota, generale Giorgio Castriota Scanderbeg. Infatti in tutti i paesini arbëreshë, nelle loro piazze, si trova la sua statua.
Alcuni di questi paesi hanno mantenuto una tradizione religiosa legata a quella cristiana di rito ortodosso. Sono cresciuto sentendo la musica balcanica. Quando ho iniziato a parlare, la prima parola che ho pronunciato è stata in lingua albanese. Poi ho imparato l’italiano a scuola, come la maggior parte degli arbëreshë. Sono nato in questo contesto, e questo mio retaggio l’ho portato con me anche in Toscana dove oggi vivo. Sono oggi quello che sono, perché appartengo a questa cultura.

Si riconosce nella cultura e nelle caratteristiche del popolo albanese di oggi?

Osservo in me una forza continua di riscatto, la volontà di “riuscire”, di “farcela”, di crescere. Ma anche quella di vivere con passione rispettando l’altro. Ritrovo tutto questo nel popolo albanese. Il mio modo di essere lo riconosco in molte persone albanesi che ho avuto modo di conoscere.

Com’è essere calabrese e arbëreshë contemporaneamente?

Sento di essere doppiamente un estraneo: lo sono in quanto calabrese, e in quanto arbëreshë!
Vivevo in un piccolissimo paese immerso nella natura, ma che offriva poche opportunità per crescere e fare grandi cose. La voglia di sognare era grandissima!
Ho studiato per sognare: è una cosa che ancora oggi mi caratterizza e che fortemente vivo. Ha fatto parte di me come di tante persone che ho conosciuto. Quando ci trovavamo con gli amici, ci davamo forza dicendoci: “continuiamo a studiare perché è giusto sognare”!

Come, un compositore giovane riesce a fare eseguire una propria composizione in un festival importantissimo e di tradizione com’è il Festival Pucciniano?

Lo ha detto lei: “tradizione”! Non ho mai abbandonato la grande tradizione della musica classica.
I compositori sono perennemente alla ricerca di qualcosa. Il compositore, l’artista, vive cosi. Vive continuamente nella ricerca e nello studio, per migliorare e trovare nuove idee. Cerco di farlo non dimenticando chi mi ha preceduto, quei grandi compositori che hanno fatto la storia della musica. È grazie a loro se abbiamo questo patrimonio. Non dimenticando il mio passato musicale, perseguo l’obiettivo di sperimentare con il suono e non con il rumore.
Diversi compositori, dagli anni ‘70 e in poi, hanno cominciato a sperimentare. Cerco di portare novità rispettando le note e il suono, sperimentare perseguendo questa strada. Dobbiamo ricordarci che il suono è presente, e il mio obiettivo è non allontanarmi dalla grande tradizione.
Il Festival Puccini si è aperto recentemente alla musica contemporanea. Quando ho ricevuto personalmente la chiamata del suo direttore artistico Giorgio Battistelli del direttore generale Franco Moretti, ero felice e onorato di questa grande opportunità. Ma, contemporaneamente ho sentito grande responsabilità.
Farò il mio debutto al 67°Festival Puccini di Torre del Lago con una commissione per Ensemble e Voce Recitante, con la prima assoluta l’8 e 9 agosto 2021.
Il testo è del grande filosofo e scrittore Franco Marcoaldi, un testo che fa vibrare l’anima, è sulla tematica del bacio, il bacio “negato”, che riguarda il contatto mancato durante il periodo di pandemia. In scena, come attrice protagonista, ci sarà la splendida Anna Bonaiuto, con l’ensemble Bernasconi dell’Accademia della Scala guidata dal direttore Marco Angius.
Inizialmente si pensava a un testo cantato ma poi leggendolo ho pensato subito che andava recitato. La parola cantata avrebbe portato l’attenzione in un’altra direzione, forse lontano dalla parola stessa.
Sarà emozionante scrivere un’opera dentro la casa di Puccini, più o meno alla stessa età del suo debutto. Per me è un’emozione indescrivibile!

Può riportarci l’insegnamento di uno dei suoi maestri che le è particolarmente caro?

Ho studiato all’ Accademia di Santa Cecilia con il M° Ivan Fedele, e in una delle sue lezioni mi chiese: “Perché hai scritto questa linea? Da dove viene, come nasce?” La mia risposta è stata: “Perché mi piace, perché è bella”. In realtà non c’era un perché una ragione ben precisa. La sua risposta: “Hai ragione: noi compositori siamo sia ingegneri sia architetti, dobbiamo badare alla tecnica come i primi, ed avere il senso della bellezza come i secondi.

Lei è un compositore e allo stesso tempo imprenditore di se stesso.
Come vive questa dualità e come lo vive l’ambiente che la circonda?


Per me è naturale. Ha sempre fatto parte del nostro passato essere imprenditori di sé stessi. Pensiamo a Mozart che ha girato l’Europa a vendere e far sentire le sue opere. Era un imprenditore di sé stesso. Quello che nel mio piccolo ho capito è proprio questo: unire alla proiezione imprenditoriale di sé stessi, essere un imprenditore musicale oltre ad essere me stesso: io vivo di musica, e di tutto ciò che circonda la musica. Vivo della torta intera. Spesso, ancora, il contesto culturale in cui viviamo, non la pensa così! L’artista si vive isolato dal contesto. Molti nel nostro mondo, vivono dell’idea, tutta romantica, dell’artista come isolato dalla società.
Il compositore si occupa solo di scrivere musica. Poi scioccamente pensa che la possibilità di scrivere musica gli possa arrivare solo da commissioni scese dal cielo, che qualcuno un giorno si svegli e chieda a lui una partitura. Per fa si che questo accada, sei tu stesso a doverti muovere per farti chiamare perché altrimenti quella persona non ti chiamerà mai. Purtroppo anche se sei un grande compositore morirai chiuso nella tua musica se non vivi il mondo musicale a 360°.
Questo non solo per il compositore ma per il musicista in generale. Se non ti svegli la mattina con obiettivo uno di studiare, di “vendere” la tua musica, la tua immagine, quindi dare agli altri la possibilità di conoscerti ma sempre in una maniera naturale e reale è difficile emergere. Solo questo ti può portare un giorno ad interfacciare con il professionismo o con chi ha un ruolo e ti può prendere in considerazione. Altrimenti rimaniamo chiusi nella nostra stanza a sognare e non a fare. Il musicista oggi è un grande sognatore. I grandi del passato oltre ad essere sognatori erano grandi imprenditori.

Salvatore Frega è Fondatore e Direttore Artistico dell’Accademia Musicale della Versilia.

Qual è la prima regola per essere imprenditore?
Sicuramente la prima regola è rispettare il prossimo in qualsiasi forma. Un giorno, una conoscente che ha studiato con Petrassi, mi disse: “Lo sai che Petrassi, ogni volta che andavo a lezione da lui, era sempre impeccabile? In qualsiasi ora mi aspettava vestito con il doppiopetto. Lo vedevi sempre vestito per bene”. Gli chiesi come mai secondo lei lo facesse. Mi rispose che il motivo, a suo avviso, stava nel senso di rispetto che nutriva nei miei confronti. Il senso del rispetto riguardo le persone lo trovo in questo esempio, in qualsiasi contesto, come anche quello imprenditoriale. Vorrei parlare di comunicazione, parte importante nell’essere imprenditori di se stessi, e di ciò che vive all’interno del nostro mondo ma che ancora non tutti considerano.
Premetto: tutti abbiamo studiato tanto. Io ho studiato pianoforte, composizione. Ho studiato con i maestri più grandi, ma avevo idee ben chiare di cosa fare dopo lo studio. Le istituzioni non ci danno mezzi per poter capire come affrontare il lavoro. In realtà, noi proponiamo sempre la nostra musica, cioè cerchiamo di “venderla” (uso sempre con le pinzette questa parola), ma bisogna capire come proporla al meglio e nel modo che ci è più utile. Mettersi in gioco non vuol dire abbassarsi di livello ma semplicemente canalizzare le nostre energie nel modo giusto.  A me nulla impedisce di fare l’uno e poi l’altro. Cioè scrivere musica, e nello stesso tempo capire come promuoverla al meglio.

Qual ‘è il suo artista di riferimento?

Stravinskij è Il mio punto di riferimento. Era un esteta, imprenditore, il compositore per eccellenza. Come lui nessuno per un motivo semplice: se andiamo a vedere quelle foto o video di lui che ci sono giunti, vediamo che era un russo un po’ fuori dal normale. Di solito i russi sono uomini alti, grandi e imponenti invece lui era bassino e piccolo ma per me era un uomo bello anzi bellissimo! Mi affascina la sua figura! Quando si faceva vedere nelle foto anche nei suoi momenti più semplici era perfetto e anche in questo caso dava spazio alla comunicazione non musicale, ma della sua immagine. C’è una sua foto che lo ritrae mentre fa colazione con la vestaglia. È di un’eleganza unica.
Oltre a ciò era presente in lui un bagaglio musicale imponente, che oggi ci ha lasciato sia con la sua storia che la contemporaneità della sua musica, un visionario puro!


 Salvatore Frega con Budapest Symphony Orchestra MAV.

È mai stato artisticamente “assonnato”?

Si, quando ho messo la mia vita artistica nelle mani di un’altra persona, quando ho fatto decidere l’altro a posto mio, pensando che fosse più bravo di me nel proporre la mia musica.
Ho capito che chi fa da sé fa per tre. Riuscivo a trovare più concerti da solo in un mese che dal mio agente in un anno. E così ho iniziato a capire che io ero il miglior promotore di me stesso. Non ho mai ignorato il fatto che un musicista dovesse essere, egli stesso, promotore della propria musica. Sbagliando, ho pensato che affidando ad altri la promozione delle mie opere, rimanesse a me più tempo per scriverle. Purtroppo non è stato così. Ho capito che se volevo “sognare” dovevo essere responsabile di tutti gli aspetti in prima persona.

Com’è il suo rapporto con l’Albania? Le piacerebbe visitarla?

In realtà non so come e perché, ma è come se ci fossi già stato.
C’è nel nostro DNA, La sento vicina. Quando vedo e sento persone albanesi mi piace parlare con loro, conoscere la loro storia. Ho tanti amici albanesi.
Nella mia musica c’è tanto dello spirito e del melos albanese. Mio padre è uno studioso importante della cultura arbëreshë, quindi sono cresciuto cantando le melodie arbëreshë vestito con i nostri abiti tradizionali. Quando mi si chiede se vorrei costruire un rapporto con l’Albania, dico che, in realtà dentro di me, l’ho sempre avuto.

Un messaggio per tutti artisti in difficoltà in questo momento?
Non dimentichiamoci di sognare, è una cosa che ci caratterizza e dobbiamo continuare a farlo.

Salvatore è stato un vero piacere averla avuto ospite nella nostra rubrica. In bocca al lupo per il suo debutto al Festival Puccini e per tutte le sue attività.